– servizio di Sergio Bedessi –
Alcuni giorni or sono il Senato ha definitivamente approvato il testo del disegno di legge “Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274”; per ottenere l’approvazione del provvedimento il governo ha dovuto porre la fiducia, a dimostrazione palese che si è trattato di un testo molto sofferto, dove non vi era concordanza di intenti anche fra le forze della maggioranza.
L’approvazione ha provocato l’esultanza delle associazioni dei familiari delle vittime della strada, mentre il ministro dell’Interno, a mo’ di uccello primaverile “twittava” (i ministri non parlano più, cinguettano come gli uccelli): “La patente non è licenza di uccidere, lo dovevo ad un amico” (Il fatto quotidiano); da parte loro gli organi di informazione diramavano la notizia con grande enfasi, e un quotidiano titolava (La Repubblica) “L’omicidio stradale diventa reato” .
Insomma tutti felici, tutti contenti, un grande passo avanti nel campo della sicurezza stradale: ma lo è veramente?
Già dalle dichiarazioni: “L’omicidio stradale diventa reato” c’è qualcosa che non torna; ci si scorda infatti che quello che tutti si affannano a chiamare “omicidio stradale”, l’omicidio colposo che chiunque di noi potrebbe commettere, per disattenzione, alla guida di un’auto, era già reato!
L’art. 589 dell’attuale codice penale stabiliva infatti: “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da: 1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; 2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope”.
Quindi non solo esisteva una fattispecie specifica (“… commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale ….”), ma la stessa prevedeva già pene maggiori (da due a sette anni) rispetto a morti per causa diversa, così come si prevedevano già aggravanti in caso di “soggetto in stato di ebbrezza alcolica” oppure “soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope”, prevedendo una pena da tre a dieci anni.
A questo punto, se si fosse voluta ottenere una maggiore deterrenza rispetto all’attuale, sarebbe bastato aumentare le pene della norma esistente, con particolare riferimento al minimo.
Invece si è preferito aggiungere un’ulteriore e particolare figura di omicidio, alle ventuno (!) già esistenti figure di omicidio presenti nel codice penale, aggravando fortemente le pene rispetto alle attuali.
Pensare che solo l’inasprimento del regime sanzionatorio possa determinare una inversione di tendenza sul tema dell’omicidio commesso alla guida di un’auto, vuol dire non comprendere che il rispetto delle leggi non si limita all’area della repressione, ma richiede la comunicazione forte e diffusa delle motivazioni sottese alla scelta normativa, orientando in questo modo la disapprovazione sociale.
Va notato come il legislatore aveva già in passato lavorato sulla tematica di quello che ha voluto chiamare adesso, con estrema enfasi, “omicidio stradale”; all’ipotesi base contenuta nell’art. 589 del codice penale aveva aggiunto dapprima (l. 11 maggio 1966, n. 296 art. 1) l’apposita aggravante della “colpa stradale”, prevedendo la reclusione da 1 a 5 anni, poi aveva innalzato (l. 12 febbraio 2006, n. 102) la pena originaria nel minimo, passando da 1 a 2 anni di reclusione, quindi (l. 24 luglio 2008, n. 125, conversione in legge del d.l. 23 maggio 2008 n.92 – “Decreto sicurezza”) aveva aumentato il massimo edittale a 7 anni, infine inserendo la reclusione da 3 a 10 anni a chi avesse provocato l’incidente mortale in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art. 186 c. 2 lettera c) del codice della strada o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Se si voleva assicurare la galera alla persona che alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti avesse ucciso qualcuno, senza utilizzare il beneficio della condizionale, sarebbe bastato aumentare ulteriormente il minimo della pena e, volendo, anche il massimo; a questo si sarebbe poi potuto ricollegare il sistema delle sanzioni accessorie per evitare che, una volta fuori, il soggetto ricominciasse a guidare provocando altri incidenti.
Si è invece scelta una strada più di impatto, ma ben più tortuosa, che non è detto che fornisca i frutti sperati.
L’originaria proposta di legge popolare (portata avanti come primo firmatario dallo stesso presidente del consiglio dei ministri quando era sindaco di Firenze, sul sito www.omicidiostradale.it) cercava di inserire una artificiosa fattispecie di omicidio doloso, secondo il fallace sillogismo: bevo o mi drogo, so che bere o drogarsi ha riflessi sulle mie capacità di guida, ma mi metto alla guida, accade l’incidente mortale, ergo si tratta di omicidio doloso (per volontà).
Malgrado vi fossero già alcune sentenze, basate sull’attuale impianto normativo, a favore di questa tesi sostenuta essenzialmente dalle associazioni dei familiari delle vittime, da più parte illustri giuristi erano insorti contro quello che sarebbe risultato un obbrobrio giuridico: non si può essere totalmente coscienti una volta che si beve o ci si droga, indipendentemente dal fatto che si tratti di un comportamento immorale e censurabile, e dunque non si può sostenere che si tratti di omicidio doloso. Inoltre lo stesso sillogismo si sarebbe dovuto usare per altri comportamenti simili: mi metto alla guida, so che passare con il rosso può provocare un grave incidente, passo con il rosso e provoco un incidente mortale, ergo si tratta di omicidio doloso (voluto).
La tesi dei firmatari della proposta di legge popolare (e populistica, perché su quel consenso qualcuno ci ha basato una certa fortuna politica o di altro tipo) non avrebbe retto al vaglio della Corte Costituzionale; per questo ci si è poi risolti a cambiare rotta, riformulando il tutto su una nuova ipotesi di omicidio colposo, comunque specifico, quasi a voler dar sfogo alla voglia di giustizialismo.
Che cosa abbiamo dunque oggi?
Con il nuovo articolo 589bis del codice penale si prevedono tre fasce di “omicidio stradale” di entità diversa, in funzione del grado di colpa crescente attribuita al guidatore:
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da 2 a 7 anni di reclusione per chi provochi un incidente stradale mortale violando le norme sulla disciplina della circolazione stradale;
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da 5 a 10 anni di reclusione per chi, alla guida di un veicolo a motore, in stato di ebbrezza intermedia (tasso da 0,81 a 1,5 g/l), provochi l’evento mortale. Stessa pena per chi, sempre alla guida di un veicolo a motore provochi un incidente mortale, ancorché sobrio,e vada a velocità pari o superiore a quella consentita con un minimo di 70Km/h su strade urbane o a una velocità superiore di 50 Km/h su strade extraurbane, oppure attraversi l’intersezione con il semaforo rosso, circoli contromano, effettui una manovra di inversione in prossimità di intersezioni curve o dossi, o un sorpasso azzardato in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di una linea continua
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da 8 a 12 anni di reclusione per chi, in stato di ebbrezza grave (1,5 g/l) oppure in stato di alterazione psico-fisica per assunzione di stupefacenti, provochi un incidente mortale. Stessa pena qualora, malgrado il tasso alcolemico più basso (da 0,81 a 1,5 g/l), l’incidente sia provocato da chi esercita la professione di trasportatore di persone o cose.
Onde evitare la disapplicazione delle nuove sanzioni vengono inoltre previste forti modifiche alle possibili operazioni peritali, con la possibilità anche di prelievo coattivo di campioni biologici (ovviamente necessari per poter provare, con certezza, l’assunzione di alcol ai tassi previsti o di sostanze stupefacenti).
Viene poi inserito l’arresto obbligatorio in flagranza per l’omicidio stradale aggravato dall’uso di sostanze stupefacenti, con la previsione dell’arresto facoltativo per le lesioni gravi o gravissime.
Sicuramente incisive, ma eccessive, appaiono le modifiche in materia di sanzioni amministrative accessorie alla sentenza di condanna (o al patteggiamento) consegue la revoca della patente con l’impossibilità di poterla nuovamente conseguire prima di:
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5 anni, nel caso di omicidio stradale (semplice) e lesioni personali gravi o gravissime;
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10 anni, in caso di omicidio stradale (semplice) e precedente condanna per guida in stato di ebbrezza o alterazione per l’assunzione di sostanze stupefacenti;
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12 anni, in caso di violazione delle regole di cui all’articolo 189 del codice della strada (obbligo di fermarsi e dare assistenza) e, contemporaneamente visto che il legislatore usa la congiunzione “e”, fuga (art. 590ter c.p.);
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10 anni, in caso di omicidio stradale a seguito di colpa per passaggio con il rosso, eccesso di velocità, circolazione contromano, inversione in prossimità di intersezione curve o dossi, sorpasso azzardato in corrispondenza di attraversamento pedonale o linea continua;
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15 anni in caso di omicidio stradale aggravato dall’uso di sostanze stupefacenti, dall’ebbrezza alcolica grave, da ebbrezza alcolica media in caso di conducente professionale;
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20 anni in caso di omicidio stradale aggravato (ebbrezza, uso di sostanze, passaggio con il rosso, ecc.) ed esistenza di precedente condanna per guida in stato di ebbrezza o di alterazione;
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30 anni in caso di omicidio stradale aggravato, omissione di soccorso e fuga.
Un quadro sanzionatorio impressionante e, apparentemente, molto forte, che si sposa però male con i provvedimenti normativi dello stesso governo che, proprio pochi giorni fa, ha depenalizzato il reato di guida senza patente, scordandosi che la maggioranza delle persone che guidano senza patente sono stranieri senza soldi e che quindi non pagheranno mai la sanzione amministrativa.
Si consideri che a questo punto chi, pur sobrio, si mettesse alla guida e, disavvedutamente sorpassando malgrado la riga continua, provocasse un incidente stradale mortale si vedrebbe condannare ad una pena da 5 a 10 anni di reclusione (e quindi andrebbe sicuramente in galera) oltre a non poter ottenere nuovamente la patente prima di 10 anni.
Egualmente una donna che avesse bevuto due bicchieri di vino (se donna, di 55 Kg, si entra già nella fascia media dello stato di ebbrezza solo con due bicchieri di vino) e si mettesse alla guida provocando, purtroppo, un incidente con la rottura del braccio dell’altro conducente (cosa che potrebbe determinare le lesioni gravi, visto che spesso si superano i 40 giorni per la guarigione), si vedrebbe condannare ad una pena variabile fra 1 anno e 6 mesi di reclusione fino a 3 anni!
Già prima dell’entrata in vigore il testo manifesta però una serie di incongruenze e debolezze:
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mentre il legislatore prevede che l’omicidio stradale possa essere commesso anche da chi non è alla guida (esempio: un pedone che con il proprio comportamento errato potrebbe ben causarlo), non prevede che anche il ciclista possa commettere l’omicidio stradale aggravato dalla guida in stato d’ebbrezza (si parla infatti sempre di “alla guida di un veicolo a motore”);
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il quadro sanzionatorio collegato all’omicidio stradale provocato dalla folle velocità non sarà applicabile visto che è oltremodo difficoltoso calcolare con precisione la velocità a posteriori, sulla base degli esiti dell’incidente;
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il legislatore sembra non sapere che le lesioni gravi, dalle quali poi in caso di incidente conseguirà la revoca della patente con impossibilità di conseguirla per 5 anni, sono quasi tutte le lesioni da incidente, complice il malcostume di prorogare all’infinito i certificati medici per ottenere maggiori risarcimenti, cosa che determinerà sanzioni pesantissime a carico della stragrande maggioranza dei coinvolti in sinistri stradali;
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riguardo all’impossibilità di riottenere la patente per 12 o 20 anni (presenza di precedenti condanne) non è ben chiaro a quali fattispecie ci si riferisca, complice un periodo, contenuto nella norma, che farebbe inorridire un maestro elementare;
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chi ha predisposto la legge forse non sa delle quotidiane difficoltà degli organi di polizia stradale per ottenere i dati già in possesso dei presidi ospedalieri in caso di incidente, come il tasso alcolemico. Queste difficoltà aumenteranno con la prassi, prevista dalla nuova norma, dei prelievi forzosi, non essendo ben chiaro chi farà che cosa (esempio: chi terrà fisicamente fermo il soggetto durante il prelievo? Si tratta di un’azione di tipo medico o di polizia?).
Sicuramente un provvedimento era necessario, ma il rischio è che la montagna abbia partorito un topolino.