di Mariantonietta Rasulo – I recenti, catastrofici, eventi accaduti in Sardegna non possono che condurre ad una riflessione amara: è stata solo… una pioggia, per quanto copiosa e persistente, a provocare un disastro di tale entità e soprattutto la morte di persone innocenti che conducevano tranquillamente la propria esistenza.
Ad evento avvenuto – come peraltro previsto dalla nostra legislazione – spetta alla magistratura accertare se vi siano delle responsabilità in quanto accaduto.
Sarà un impegno sicuramente impervio e comunque presumibilmente accettabile il risultato degli inquirenti.
Rimane latente una riflessione che sovviene ogni qualvolta succedono eventi simili: è plausibile che nel nostro tempo, con le tecnologie di cui siamo in possesso, una pioggia copiosa, un tornado o un tifone possano determinare danni di siffatta natura?
Se nonostante la nostra tecnologia siamo tuttora in questa situazione che cosa accadeva alle popolazioni in tempi ormai remoti?
E’ certo che notizie storiche ci sono state tramandate per eventi accaduti nel passato più o meno recente e che personaggi illustri (non ultimo Leonardo da Vinci) si diedero da fare per la realizzazione di opere, sia urbanistiche che di marchingegni, per contrastare la furia della natura.
Oggi ci troviamo peraltro a dover constatare qualcosa di completamente diverso.
La nostra epoca si è distinta non tanto per la difesa del territorio quanto per il suo dissesto.
Le opere di ingegneria, pur mastodontiche (dighe, invasi, centrali idroelettriche e non…), e che richiedono l’investimento di ingenti capitali, sono troppo spesso imposte da potentati locali che talvolta cercano di sfruttare tale realizzazione per lucrare sui terreni quando non anche sulla materiale realizzazione dei manufatti (un esempio per tutti, la diga del Vajont).
Altre opere infrastrutturali (acquedotti, strade, superstrade e autostrade, gallerie…) indubbiamente utili per gran parte degli utenti, sono sempre più spesso oggetto, a posteriori, di indagini giudiziarie vuoi per sprechi, vuoi per inquinamenti causati durante la realizzazione, vuoi infine per i danni , irreparabili nella maggioranza dei casi, procurati a sorgenti, corsi di fiumi e torrenti, se non anche per motivi di corruzione, a prescindere dagli enormi scempi sotto l’aspetto strettamente paesaggistico.
Infine, ma non ultima, la dissennata ricerca di spazi e terreni edificatori ha condotto da una parte a costruire sempre più in prossimità ai fiumi, torrenti, ruscelli o rive del mare (eclatanti i famosi eco-mostri resi noti al grande pubblico da più o meno recenti articoli giornalistici e reportage dei mass media) quand’anche addirittura ad occupare spazi in precedenza destinati a corsi d’acqua e canali verso valle (come è accaduto ad esempio nel caso del messinese-catanese di pochi anni fa o della recente alluvione del 2011 in Toscana nel massese).
Sempre più spesso interessi di carattere strettamente economico da parte di individui senza scrupoli stanno arrecando danni incalcolabili, danni che inevitabilmente devono essere risarciti e riparati con il denaro pubblico, con la ignobile conseguenza che le malefatte di detti individui vanno alla fine a ricadere su quella parte della popolazione che paga regolarmente le tasse!
Eppure è il segreto di Pulcinella: tutti i rischi di dissesto idrogeologico sono “morti annunciate”!
E’ giunto il momento che lo Stato (pur nella ristrettezza delle risorse economiche disponibili nel momento contingente) metta mano ad un piano di ampio respiro per individuare e mettere in sicurezza tutti quei territori che possono essere soggetti ad eventi più o meno “catastrofici” e che ciò possa avvenire a spese di tutti coloro che nel recente passato (prima che tutto cada in prescrizione) sono stati consapevolmente o meno gli autori dei predetti dissesti.
Sarebbe poi ottimale che l’intera popolazione, almeno quella pensante, incominciasse a chiedere a gran voce, in tutte le manifestazioni nelle quali intervenga un personaggio – sotto tutti gli aspetti – collegato al mondo politico a fare in modo che lo stesso si impegnasse (e non solo a parole, ma con fatti concreti) alla tutela del territorio di questo martoriato Paese, cosicché possa radicarsi in ognuno di noi la consapevole coscienza di essere artefici della rinascita e della salvaguardia del patrimonio naturale ed evitare per il futuro, oltre a quelle versate per nuovi lutti, ancora…lacrime di coccodrillo!