di Claudio Molinelli – Nella rinnovata sala del teatro Comunale di Antella è andato in scena lo spettacolo “Amuleto”, una produzione di “Archetipo”, la compagnia stanziale, in collaborazione col Teatro Metastasio Stabile della Toscana. Il regista Riccardo Massai, specialista nel recuperare testi di autori meritevoli e trascurati, propone stavolta la riduzione di un romanzo del 1999 di Roberto Bolano (1953-2003), scrittore e poeta cileno a lungo vissuto in Messico; la storia si basa sul personaggio reale di Auxilio Lacouture, la donna uruguayana che rimase per 12 giorni rinchiusa in una toilette della facoltà di lettere e filosofia di Città del Messico, dopo l’irruzione dell’esercito nell’università, il 18 settembre 1968, per stroncare la rivolta degli studenti.
La piece è costituita dal lungo monologo di Auxilio, interpretata da Maria Paiato. Auxilio, arrivata in Messico dall’Uruguay si stabilisce in casa del poeta Pedro Garfias e frequentando l’università, diventa amica e confidente di poeti e artisti messicani, autodefinendosi “la madre” di tutti loro. Sola in scena, con un vaso contenente un fiore in una mano, la donna racconta quella drammatica giornata di settembre e la sua permanenza nei bagni dell’università, al riparo dalla furia dei soldati. Il racconto si allarga a comprendere i ricordi delle vite dei poeti e degli artisti, suoi sodali, da Garfias a Arturito Belano (dietro cui si indovina lo stesso Bolano) al pittore Carlos Coffen Serpas. I ricordi si mescolano in un continuum che trascende la dimensione temporale e spaziale, tracciando una sorta di ritratto di una generazione di artisti e letterati che sconfina nell’affresco di un intero continente, l’America latina, nell’epoca travagliata delle istanze rivoluzionarie e delle dittature sanguinarie degli anni ’70. La narrazione di Auxilio è intessuta di visioni, incubi e profezie, e attinge anche alla mitologia greca, alle vicende di Erigone scampata all’ecatombe di Oreste, per concludersi con la lunga descrizione della visione di una moltitudine di giovani che si avviano ignari verso l’abisso, intonando un canto, che come un amuleto si leva eterno a difendere l’arte e la bellezza dalla violenza e dalla morte.
Lo spettacolo si avvale del fascino potentemente visionario del testo di Bolano, come nella miglior tradizione sudamericana, e della asciutta regia di Massai, che rispetta il testo e limita all’essenziale gli elementi scenografici , le luci e i suoni. Ma, in un monologo di circa un’ora e venti, il contributo dell’interprete è ovviamente essenziale, e qui entra in gioco Maria Paiato, protagonista di una performance di assoluto valore. La lucida follia del personaggio di Auxilio è resa con maestria dall’attrice, occhi mobilissimi, voce cangiante che passa dai flebili sospiri ai toni colloquiali fino agli acuti potenti; la variazione dei registri espressivi è ricca e sorprendente. La Paiato ci offre un’interpretazione intensa, sofferta, vibrante, e il brano finale è autenticamente da brividi. Un lunghissimo, interminabile applauso accoglie la fine dello spettacolo.
Ecco cosa ci ha detto Maria Paiato: “Ho riposto totale fiducia in Riccardo Massai che mi ha proposto questo testo, difficile da rendere a teatro, che necessitava di una precisa idea, che il regista aveva, sull’esecuzione. Non avevo mai interpretato un personaggio come Auxilio, che incarna il lato più nobile dell’impegno politico, ossia fare arte e cultura. Mi piaceva portare in scena un periodo storico come il ’68 e parlare del dolore causato dalle dittature in Sudamerica. Auxilio col suo candore, il suo ingenuo amore per la poesia, rappresenta il veicolo ideale per la difesa della libertà”.