– a cura di Edoardo Abruzzese – foto di archivio –
Era il 1550 quando l’architetto Tribolo inserisce la progettazione del Giardino di Boboli negli imponenti lavori di restauro della Reggia dei Pitti, voluti da Cosimo I e dalla Granduchessa Eleonora, perfezionato e ampliato poi da Giorgio Vasari (1554-1561), da Bartolommeo Ammannati (1560-1583), da Bernardo Buontalenti (1583-1593) e da Giulio e Alfonso Parigi nel primo quarto del Seicento.
La vocazione collezionista dei Medici trova nel Giardino una immediata visualizzazione: esporre e coltivare le specie più rare provenienti da varie parti del mondo incarna l’obiettivo di coniugare le conoscenze botaniche con le esigenze estetiche di un giardino principesco. La presenza, poi, nel Giardino di un edificio adibito a Spezieria, voluto da Francesco I de’ Medici e distrutto alla fine del Settecento per lavori di trasformazione degli spazi intorno alla Palazzina della Meridiana, induce a pensare che in quel locale i fiori del Giardino venissero trattati dagli antichi profumieri e dagli erboristi: è il momento in cui alla finalità estetica si unisce quella scientifica al servizio della comunità.
Questa tradizione si è trasmessa ai profumieri moderni: ecco come nasce la creazione di profumi di raffinata intensità che suggeriscono nelle note speziate, agrumate, muschiate… la loro diretta discendenza dai fiori di Boboli.
Una tradizione che si ripete e che l’Associazione I profumi di Boboli ha fatto sua. Un legame forte quello tra la città di Firenze e la storia del profumo, al punto che il 25 febbraio prossimo la premiazione della fragranza vittoriosa, “profumo di Terra”, alla settima edizione del Premio Internazionale I profumi di Boboli avviene nella Sala Firenze Capitale di Palazzo Vecchio, accolta dal Presidente del Consiglio comunale, Luca Milani. Un gioiello prezioso, recentemente restaurato e restituito alla comunità in tutta la sua magnificenza.
Le sale vogliono ripercorrere, attraverso opere d’arte, documenti e cimeli, testimonianze di quel periodo di transizione che va dalle rivoluzioni toscane del 1848 all’epoca di Firenze Capitale (1865-1871), quando la sede del Senato del Regno d’Italia si trovava proprio nel Salone de’ Cinquecento. Un’opportunità per conoscere meglio alcuni momenti essenziali di questo periodo, come i moti fiorentini del 1859, che portarono all’esilio dei granduchi lorenesi, o il famoso plebiscito che sancì l’annessione del Granducato di Toscana al nascente Regno d’Italia.
Particolare attenzione viene data al periodo 1865-1871, quando la capitale del Regno d’Italia – prima a Torino e successivamente a Roma – trovò sede a Firenze, comportando per la città profonde trasformazioni a livello urbanistico, culturale ed economico; momento cruciale per l’identità culturale italiana fu, tra l’altro, il sesto centenario della nascita di Dante (1865), nel corso del quale venne inaugurata in piazza Santa Croce la celebre statua di Enrico Pazzi.
Ovviamente non possono mancare i ritratti di personaggi illustri, Bettino Ricasoli, Ubaldino Peruzzi, Francesco Guerrazzi, oppure nomi ancora più conosciuti, come Re Vittorio Emanuele II, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, che hanno fatto questa storia!