di Eleonora Mori – Chi di noi non associa l’arrivo dell’autunno con i suoi caldi colori all’intenso profumo delle caldarroste che riempie le strade e le nostre case?
Ed è proprio nelle colline sinuose dell’Appennino toscano che troviamo fitti boschi di castagni, ricchi di questi prelibati frutti, perlopiù riconosciuti dal marchio IGP che ne tutela gelosamente il territorio di produzione, tra cui quello dei Comuni di Dicomano, San Godenzo e Londa.
La coltivazione dei castagneti da frutto è un’ arte antica che risale al Medioevo e fin da subito ne viene intuita l’importanza.
La castagna ha costituito per secoli un’essenziale ed insostituibile fonte alimentare per le popolazioni ed ha avuto, da sempre, un ruolo fondamentale nell’economia montana, tanto da meritarsi l’appellativo di albero del pane.
Dopo la crisi della seconda metà del ‘900, dagli anni ’80 si è verificata una ripresa del settore.
Ma arriviamo ad oggi.
Nonostante il cambiamento climatico degli ultimi anni e le difficoltà economiche che stiamo attraversando, il buono e gustoso marrone sarà riuscito a “salvarsi”?
Andando a chiedere direttamente ai castagnai, l’opinione dilagante è quella di un’annata molto scarsa dal punto di vista quantitativo, soprattutto per l’insufficienza delle piogge durante il periodo autunnale, ma anche per il diffondersi di una malattia provocata da un parassita di origine cinese, che ha colpito le nostre piante.
“E’ stata un’annata difficile” – ha affermato il proprietario esperto di un’azienda agricola affermata – “la prima caduta dei ricci è avvenuta agli inizi di ottobre, mentre quella successiva dopo la seconda metà del mese. In alcuni casi i coltivatori hanno raccolto grande quantità di ricci, ma spesso poco sviluppati o attaccati dai parassiti.”
Qualitativamente parlando, invece, le castagne sono riuscite ad appagare le aspettative piuttosto negative degli agricoltori. Proprio grazie alla lenta maturazione alla fine sono risultate essere molto dolci, abbastanza grosse, saporose, belle e profumate: il risultato? Un solo frutto per ogni riccio!
Il posizionamento sul mercato è stato soddisfacente, i prezzi si sono mantenuti alti per i produttori e proprio per la scarsità del raccolto, anche a livello nazionale, il marrone IGP delle colline alte fiorentine è stato venduto bene, poche le rimanenze.
Così resta il desiderio di un giro per boschi: pendii ambrati, aria fresca invernale, quella che ti avvolge e penetra nel cuore e può ancora capitare una sosta destinata al marrone appena arrostito.
E per chi rimane a casa non resta che aspettare le festività natalizie, occasione per gustare in famiglia almeno un marron glacés augurale, che magari è stato raccolto proprio nei nostri boschi!