– di Martina Valentini in collaborazione con la redazione di OrientePress – Foto di Edoardo Abruzzese –
Albero vero o di plastica? In un momento in cui tutti i big della Terra sono riuniti a Parigi a parlare del futuro climatico del nostro Pianeta, la domanda assume una connotazione ancora più forte. E tra le due opzioni, quella più amica dell’ambiente è… la terza: meglio un albero vero ma proveniente da realtà che garantiscono la gestione forestale sostenibile.
Il suggerimento arriva dal PEFC Italia, lo schema di certificazione forestale più diffuso al mondo. Un’idea che è stata tra l’altro fatta propria da varie istituzioni. Quest’anno sono certificati gli alberi di importanti piazze italiane. Su tutte Piazza San Pietro a Roma e Piazza Duomo a Milano. “L’acquisto dell’albero natalizio – spiega il segretario generale Antonio Brunori – è un’azione apparentemente piccola, ma che in realtà può trasformarsi in un tassello importante per fare la nostra parte nella riduzione delle emissioni di gas serra e per orientare il mercato in senso più ecologico”. Ecco perché è bene attenersi a poche semplici regole:
primo: rifiutare alberi di plastica perché derivano dal petrolio e quindi hanno costi ambientali e di smaltimento molto elevati. Secondo uno studio di Coldiretti, i cinque milioni di alberi finti che verranno acquistati quest’anno emetteranno gli stessi gas di sei milioni di chilometri percorsi in macchina. “Poi l’abete in casa respira, assorbe anidride carbonica e rilascia ossigeno, ma anche oli essenziali che purificano e aromatizzano la stanza”;
secondo:leggere sempre l’etichetta. “Sul tagliando che troviamo sull’albero o sul cimale – spiega Brunori – devono essere riportate la provenienza da coltivazioni specializzate, la nazionalità, l’età dell’albero e la non destinazione per il rimboschimento (per evitare mescolanze genetiche e quindi danni alle specie autoctone)”;
terzo: optare per alberi prodotti da realtà forestali certificate Pefc. “Lo schema di certificazione garantisce infatti la massima trasparenza in termini di tracciabilità e rispetto dei nostri territori” prosegue Brunori. “Ci sono centinaia di aziende già certificate. Scegliere loro prodotti significa rafforzare un circolo virtuoso e contribuire a modificare le scelte imprenditoriali delle aziende della filiera bosco-legno”;
quarto: preferire alberi provenienti dal nostro Paese: “Più è vicino il luogo di coltivazione o il bosco dal quale è stato prelevato, meno chilometri farà fino a casa nostra e quindi minore sarà il suo impatto sull’ambiente in termini di emissioni nocive”. Rispettare questa regola non è difficile. Il 90% degli abeti italiani disponibili sul mercato natalizio deriva da coltivazioni specializzate che occupano oltre mille piccole aziende agricole tricolori. Il restante 10%, venduto senza radici (i cosiddetti cimali o punte d’abete) derivano da normali pratiche di gestione forestale che prevedono interventi di diradamento indispensabili per far sviluppare meglio le nostre foreste;
quinto: passate le feste, smaltire l’albero in modo corretto. E in tal senso il ripiantarlo in un bosco non è sempre l’opzione più corretta. “L’abete rosso (il Picea abies che rappresenta circa l’80% di quelli presenti sul mercato nazionale) è un albero spontaneo solo sull’arco alpino e in alcune aree dell’Appennino Tosco-emiliano”, ricorda Brunori. “Piantarli in boschi dove già è presente l’abete significa creare problemi di inquinamento genetico perché purtroppo la maggior parte degli abeti viene dall’estero,e magari non conosciamo l’origine e il patrimonio genetico”. Meglio quindi piantarlo nel giardino di casa, per chi ne ha uno. E se l’albero si è seccato durante le feste, va destinato alla raccolta compostabile per permettere la sua trasformazione in compost che verrà poi usato come fertilizzante per nuove piante.