di Claudio Molinelli – I Centri per l’Impiego della Provincia di Firenze hanno comunicato i dati relativi al periodo gennaio- ottobre 2012. L’analisi conferma anche per la nostra provincia la situazione di crisi del mercato del lavoro ampiamente percepita a livello nazionale.
Nei primi 10 mesi del 2012 i Centri per l’Impiego della Provincia di Firenze hanno registrato 162.366 nuovi rapporti di lavoro. La suddivisione di genere vede la componente femminile attestarsi a 84.446 avviamenti (52%) rispetto agli 84.291 del 2011, superando i maschi del 4% (avviamenti maschili 2012: 77.920, rispetto a 81.358 del 2011).
C’è quindi una perdita di 3823 unità rispetto all’anno precedente e il saldo negativo è interamente a carico dei lavoratori maschi.
Gli avviamenti in massima parte riguardano la sede del Centro per l’ Impiego di Firenze città (due terzi delle comunicazioni) che in sostanza ogni giorno lavorativo ha processato ben 391 comunicazioni.
I due centri di Sesto e Scandicci raccolgono complessivamente il 17,5% del totale delle comunicazioni. I rimanenti quattro CPI – San Casciano, Borgo San Lorenzo, Figline e Pontassieve – intercettano una piccola parte delle comunicazioni, pari al 15,9% del totale.
Gli avviamenti al lavoro di cittadini stranieri 44.853 (27,6% del totale) sono sostanzialmente pari al dato del periodo 2011.
Nella provincia di Firenze (compreso il circondario Empolese Valdelsa), 257 aziende hanno segnalato una condizione di difficoltà, per un totale di circa 1.828 unità espulse dal lavoro, in gran parte uomini (1204 unità, pari al 65,86%). Firenze, con 112 aziende in difficoltà, e Sesto Fiorentino, con un totale di 60 aziende in difficoltà, sono i centri maggiormente investiti dalla crisi. I settori più coinvolti sono le costruzioni, l’edilizia, l’impiantistica e l’industria manifatturiera-artigianale. I settori che registrano dati migliori rispetto ad altri sono quelli legati a istruzione (+1.802 rispetto al 2011), attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (+1.189), professioni legate alla cura e all’assistenza familiare (+1.128). I saldi negativi più evidenti si registrano nei settori tradizionali dell’economia locale: attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (-3.283), attività manifatturiera (-1900) e costruzioni (-1.900).
Riguardo alla tipologia dei contratti, la variazione maggiore si registra nei contratti a chiamata con un incremento di 1.081 rapporti, rappresentando circa il 6% del totale degli avviamenti.
Rimangono sostanzialmente immutati i rapporti di lavoro interinale (o a scopo di somministrazione) a tempo determinato con 17.697 avviamenti, mentre quelli a tempo indeterminato contano 18.161 comunicazioni.
Da sottolineare che il contratto a tempo indeterminato rappresenta ormai solo il 11,2% del totale, rispetto al 33% dei contratti part-time; il dato sconfortante è che nel 2007, anno precedente l’inizio della crisi economica, il contratto a tempo indeterminato rappresentava ben il 22,4%, vale a dire che negli ultimi cinque anni questa forma contrattuale si è ridotta di circa il 50%.
Il dato della durata dei contratti, se possibile, si fa ancor più negativo e testimonia interamente la precarietà del lavoro, di cui tanto si parla. Analizzando i contratti a termine si nota come oltre 25.000 contratti abbiano una durata di un solo giorno e 18.617 avviamenti si concludano entro 7 giorni: solo il 50% di questi avviamenti ha una durata superiore ai trenta giorni.
Nei primi dieci mesi del 2012 i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità sono stati ben 4.755 di cui 2.693 uomini (erano 2.164 nel 2011) e 2.062 donne (1.715 nel 2011). Particolarmente negativo è il confronto con i dati del 2006; notiamo che in sei anni i lavoratori iscritti alle liste di mobilità sono passati da 2081 a 4755 nel 2012 con un incremento percentuale del 128%.
Dietro l’arida freddezza dei numeri si palesa una situazione di disagio economico e sociale di ampia portata e di preoccupanti prospettive anche per il nostro territorio. Ecco perché l’opinione pubblica guarda con preoccupazione anche allo scenario politico nazionale, il cui clima d’incertezza non appare certo la migliore risposta a questo stato di crisi.