– di Nadia Fondelli –
Qualunquistico è buttarsi nel fritto misto post evento lungarno Torrigiani a Firenze.
Nel desiderio di lasciare agli altri i si dice e i si diceva e magari puntare il dito; quale giornalista nell’occasione volontaria di protezione civile per il centro documentazione della stessa ho avuto l’onere e l’ onore di vivere la zona rossa dell’evento, quella interdetta a tutti i colleghi.
Quella dove al di là della passerella – siamo pur sempre sotto elezioni – necessaria all’uopo di sottosegretario, presidenti, assessori, sindaci, dirigenti istituzionali, etc… si imprecava , si bestemmiava anche e ci si scambiavano accuse fuori dalle telecamere.
Ho visto il sindaco col volto stravolto e smarrito e con lui una manciata di assessori increduli e tanti funzionari e dirigenti a timbrare la cartolina.
L’incredulità era quella che segnava il volto dei più comparsi in zona abbondantemente post colazione e post presenza stampa, quando volontari e vigili del fuoco erano a spaccarsi la schiena da ore.
Su tutti sorprendeva il sorriso sornione del conte Capponi che, costretto ad uscire da suo palazzo per sicurezza da una carabiniera, ha accettato di farlo solo per il fatto che a chiederglielo fosse stata una signora.
Con il suo fare boehmienne e le sue bretelle a righe il conte racconta che quel palazzo ha resistito a tanti assedi, guerre ed alluvioni e non ha certo paura di una “giacchettata”.
“Qui siamo su un terrapieno – prosegue – sotto scorre il fiume e la strada fu fatta dal Poggi all’epoca di Firenze capitale per far transitare carri e cavalli e non certo per auto sempre più grosse e pesanti che peraltro qui possono anche parcheggiare. Di cosa ci stupiamo? Di un parcheggio fatto sul vuoto?”
E se avesse ragione il conte e la tradizione di una famiglia che da Pier in poi ha fatto la storia di Firenze?
Mancano le carte e ai burocrati servono quelle per capire e avere conferme, ma a caldo, anche al semplice giornalista prestato alla protezione civile come chi vi scrive, due o tre cose sono saltate all’occhio al di là degli allarmi ignorati della notte le cui ricostruzioni e polemiche lascio ad altri.
E’ molto tempo che notavo crepe sul lungarno e intorno ai tombini le stesse lasciavano intravedere sotto l’asfalto il vuoto. Vuoto che è apparso evidente nella ferita che ha squarciato l’asfalto dove, le auto affondate tutto parevano fuorché stabili. Non a caso – ed ero in zona rossa – ho sentito i vigili del fuoco imprecare dicendo “facciamo presto perché qui il terreno si smuove ancora”.
Non sono esperta di botanica ma quell’abc della materia anche a me noto mi conferma che le piante rampicanti crescono e si sviluppano sull’umido e che sarà un caso, ma il terreno è esploso proprio nell’unico punto del lungarno ampiamente decorato da floridi rampicanti che dal fiume risalgono verso la spalletta.
Sono anni poi che la collina del piazzale si muove e sta piano piano scendendo a valle e a vuoto sono andati i mille appelli e solleciti dei residenti della zona. Le rampe disegnate dal Poggi hanno una frana evidente puntellata alla meno peggio intorno ad una scalinata liberty transennata da due anni proprio sopra la porta San Niccolò e basta percorrere via di San Miniato per notare fra il selciato medievale e il silenzio di una stradella che scende in città come si scendeva ai tempi di Dante tombini in ghisa vetusti quanto una pelliccia di cincillà infeltrita nell’armadio.
E’ un incredibile evento imprevisto il collasso del lungarno Torrigiani?
Miracolo è che non ci siano state vittime dato che – lo avete letto poco tempo fa su queste pagine – dal 1945 al 2015 in Italia per disastri naturali ci sono state 5455 vittime in 2458 Comuni, 101 province e in tutte le regioni italiane e che il 78% delle frane che colpiscono i 28 paesi della Comunità Europea sono in Italia.
Di contrappasso, per ecoreati, dall’introduzione della legge n. 68 del 2015 sono stati 947 i reati e le violazioni amministrative accertate, 1185 le persone denunciate e 229 i beni sequestrati per un valore complessivo di quasi 24 milioni di euro. Contestato in 118 casi il nuovo delitto di inquinamento e per 30 volte il disastro ambientale. E la nostra regione ha la poco invidiabile terza posizione nazionale in questa materia.
Numeri inquietanti nella loro freddezza, ma che fanno il paio con i miei pensieri a voce alta.
Per evitare tutto ciò serve solo una cosa semplicissima. Cura e attenzione per le cose che ci sono state affidate.
E leggendo la stampa internazionale pare che proprio questo sia mancato, agli occhi del mondo, da parte di chi ha in cura un patrimonio mondiale chiamato Firenze.