di Sergio Bedessi – I dati diffusi qualche tempo fa dal Ministero dell’Interno relativi all’anno 2012 e riguardanti la sicurezza vedono molte province della Toscana guadagnare i primi posti in alcune di queste tristi classifiche; molto preoccupanti risultano in particolare i dati relativi ai furti in generale e ai furti in abitazione.
I dati sono provinciali , ma considerata la conformazione urbanistica delle province toscane è logico come si possano riferire, per la maggior parte, alle città capoluogo di provincia e ai Comuni contermini.
Può sembrare incredibile ma Firenze, città storicamente e tradizionalmente tranquilla, è stata capace di raggiungere, nei furti generici, il settimo posto in graduatoria nazionale, addirittura preceduta da Lucca.
Infatti i dati sui furti generici ci mostrano come a Firenze nel 2012 siano avvenuti ben 3484 furti ogni 100.000 abitanti, con un incremento del 14,89% rispetto al dato del 2011 e a Lucca addirittura 3637 con un incremento percentuale del 7,48%; tanto per avere un raffronto si noti che città che per stereotipo (errato) sono sempre state ritenute meno tranquille, come Napoli, Palermo o Bari, risultano invece, alla prova dei dati ministeriali, ben più sicure, almeno sotto questo aspetto (Napoli 2170, Palermo 2521, Bari 2510).
A Genova, città senza dubbio più problematica di Firenze, nel 2012 si sono registrati meno furti che a Firenze (3008 ogni 100.000 abitanti contro i 3484 di Firenze), manifestando un trend di diminuzione; si deve poi aggiungere che altre città toscane, che comunque si mantengono con valori ben più bassi di Firenze (ad esempio Siena – 1656), presentano di contro aumenti percentuali sostenuti rispetto al passato (un bel – si fa per dire – +19,78%).
Se si osservano i dati sui furti specifici nelle abitazioni ogni 100.000 abitanti ordinati in modo decrescente, si scopre che Lucca è la prima in assoluto in Italia (con 745 furti per 100.000 abitanti e con un aumento del 13,03% rispetto al 2011, quando già era la prima in classifica con 649,1 furti ogni 100.000 abitanti).
Anche sotto questo aspetto, se Lucca piange, Firenze certamente non ride; con i suoi 578 furti in abitazione ogni 100.000 abitanti ha segnato infatti un 32,12% di furti in abitazione in più rispetto all’anno 2011, quando già il fenomeno si era manifestato in tutta la sua negatività, visto che già viaggiava con un robusto incremento del 30,8% (429,5 furti ogni 100.000 abitanti) rispetto all’anno 2010.
Pure sui furti in abitazione il confronto con città che, come stereotipo diffuso, sono reputate peggiori delle città toscane (Napoli – solo 152 furti in abitazione ogni 100.000 abitanti, Roma 377, Palermo 312) fa capire come, almeno sotto questo specifico aspetto, Firenze sia molto meno sicura (578); questo semplice confronto dovrebbe convincerci non solo ad abbandonare questi facili stereotipi, ma far comprendere che qualcosa non va, ormai da alcuni anni, sul fronte della sicurezza in Toscana e che si dovrebbe correre ai ripari.
Il raffronto dei dati di Firenze con quelli di altre province toscane e, più che altro, con quelli della vicina provincia di Prato, che non solo manifesta un valore assoluto più basso (470) di Firenze, ma che presenta un valore stabile rispetto all’anno precedente (solo + 0,78% mentre Firenze viaggia su un tasso di aumento superiore al 30% ormai da ben due anni) possono aiutare sia a comprendere il fenomeno in atto, sia a trovare una possibile soluzione.
Innanzitutto l’aumento dei reati predatori in Toscana non può essere spiegato in modo semplicistico con il fatto che la crisi economica incentiverebbe le classi sociali più deboli ed emarginate a procurarsi il sostentamento, in modo illecito, commettendo quindi reati predatori; se così fosse l’aumento dei reati predatori dovrebbe essere maggiore nelle zone più povere d’Italia e non in quelle come la Toscana, ma anche l’Emilia Romagna (dove Rimini, con 5002 furti su 100.000 abitanti è la prima in assoluto in Italia), tutto sommato, sono ancora abbastanza ricche rispetto ad altre aree.
Si deve partire dal presupposto che, in accordo con molte teorie criminologiche (routine activity theory, crime patterns theory, rational choice perspective, ecc.) l’aumento dei furti, con particolare riferimento a quelli in abitazione, è dovuto principalmente all’aumento delle opportunità di poterli compiere senza essere arrestati.
Le teorie criminologiche ci insegnano che la società, la località e l’ambiente urbano offrono al malintenzionato maggiori o minori opportunità affinché lo stesso riesca a portare a compimento l’azione criminosa; di contro il criminale modifica il proprio comportamento in relazione a come tali opportunità si presentano.
In pratica la modificazione del quadro di opportunità che si presenta ai malintenzionati produce inevitabilmente una modificazione del comportamento aggregato di questi soggetti, facendo aumentare o diminuire i reati, quanto meno nella zona di riferimento.
L’analisi integrata delle varie teorie aiuta ad individuare alcuni principi chiave connessi alle opportunità fornite dall’ambiente:
– le opportunità giocano un ruolo base in tutte le tipologie di crimine, e questo non solamente nei crimini che riguardano la proprietà;
– le opportunità sono altamente specifiche. Ogni crimine necessita, per essere perpetrato, di un differente insieme di opportunità, variando il quadro delle opportunità varierà il quadro dei crimini;
– le opportunità risultano concentrate nel tempo e nello spazio. Vi sono profonde differenze fra un posto ed un altro anche se nella stessa area territoriale. Il numero dei crimini inoltre varia anche in senso temporale: da un’ora ad un’altra e da un giorno ad un altro della settimana vi sono oscillazioni nel numero dei crimini in corso, oscillazioni che sono conseguenza anch’esse del variare delle opportunità;
– le opportunità per il crimine dipendono anche dai movimenti quotidiani delle persone. Per esempio , se una persona si sposta da casa al lavoro, sicuramente la casa vuota costituirà un’opportunità prima inesistente per il malintenzionato;
– nell’ambito dei reati predatori alcuni oggetti offrono maggiori opportunità di altri. Il criminale valuta gli oggetti riguardo a fattori di valore, inerzia, visibilità della cosa, accesso, e dunque può essere attirato in misura maggiore da oggetti piccoli anche se non di altissimo valore, come quelli che si possono trovare nelle comuni abitazioni, rispetto ad oggetti di grande valore che però, in termini di opportunità, risultano più difficilmente accessibili.
Questi principi chiave fanno dunque comprendere come i crimini, ed in particolare i reati predatori, possano essere prevenuti riducendo le opportunità; questo è possibile:
– aumentando lo sforzo necessario al criminale per commettere il crimine;
– incrementando i rischi che corre per commetterlo;
– riducendo i compensi che il criminale pensa di ottenere;
– rimuovendo i pretesti che un potenziale criminale può avere per commetterlo.
E’ fra l’altro provato che la riduzione delle opportunità normalmente non produce spostamento dei crimini in altre zone, ma porta ad una diminuzione in termini assoluti.
Si deve allora osservare che una prevenzione efficace dei furti, con particolare riferimento a quelli in abitazione è possibile solamente con un maggior controllo del territorio, oltre alle misure che i singoli possono mettere in atto da sé (installazione di antifurto, installazione di difese passive, e così via).
Il maggior controllo del territorio, tanto più in questo clima di spending review, non può certo essere perseguito con l’incremento del personale di polizia e deve dunque essere ottenuto sfruttando al meglio le risorse già disponibili.
E’ notorio che ad eccezione delle polizie “specializzate” (Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria) le altre polizie dello Stato (Polizia di Stato ed Arma dei Carabinieri) sono polizie “generaliste” nel senso di essere preposte alla prevenzione, al controllo e alla repressione di tutti i tipi di illecito, tanto penale quanto amministrativo; a queste si affiancano le polizie municipali e le polizie provinciali che, pur con le limitazioni territoriali (la prima al Comune, la seconda alla Provincia) hanno ambedue ormai una vocazione “generalista”.
Per intendersi, Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Municipale, Polizia Provinciale (queste ultime con le limitazioni territoriali rispettivamente per Comune e per Provincia) sono tutti preposti, in teoria, alle stesse funzioni e dunque danno luogo a sovrammissioni, conflitti di competenza e così via.
In particolare è notorio che in funzione di controllo generale del territorio nella provincia di Firenze vi sono, oltre alla Polizia di Stato e all’Arma dei Carabinieri, ben 44 polizie municipali, solo alcune delle quali hanno intrapreso un processo di unificazione territoriale, più o meno stretto.
L’accorpamento delle polizie municipali a livello di macro aeree (mentre adesso ogni polizia, salvo alcune eccezioni, lavora al momento come un’unità a sé stante), o quanto meno un’organizzazione cumulativa di alcuni servizi che consenta risparmi di scala e quindi di utilizzare il personale della polizia municipale su un’area vasta, indirizzandolo là dove c’è necessità indipendentemente dai confini comunali, è il presupposto indispensabile per liberare gli organi di polizia dello Stato da alcune incombenze, consentendo loro di avere maggior tempo a disposizione per il controllo del territorio, recuperando in questo modo una funzione preventiva che è indispensabile alla sicurezza urbana.
Tanto per fare un caso pratico: un Comando Compagnia Carabinieri, a sua volta composto da Stazioni territoriali, svolge servizio su un territorio che copre tipicamente più Comuni; sullo stesso territorio hanno però eguali competenze le Polizie Municipali (ognuna sul proprio Comune) e la Polizia Provinciale, inoltre se il territorio è urbano anche la Polizia di Stato.
Accade quindi che durante il giorno vi possano essere ben quattro organi di polizia “generalisti” in servizio (due dello Stato e due locali) e magari durante la notte, se le Polizie Municipali sono piccole e se il territorio non è urbano (per cui la Polizia di Stato è assente), vi è un solo organo di polizia, l’Arma dei Carabinieri, a presidiare il territorio per qualsiasi problema di sicurezza, dal piccolo incidente stradale all’omicidio.
E’ evidente infatti che qualora a notte fonda la pattuglia dei Carabinieri si trovasse già impegnata nel rilevamento di un sinistro stradale non potrebbe intervenire su cose ben più gravi; se i servizi di polizia stradale fossero svolti invece principalmente dalle polizie municipali, che una volta accorpate riuscirebbero sicuramente a garantire anche un servizio notturno, il personale dei Carabinieri potrebbe garantire il controllo del territorio rispetto ai reati e l’intervento su eventi più importanti, come appunto i furti nelle abitazioni.
Ricordando che anche le Polizie Municipali contribuiscono al controllo del territorio rispetto ai reati, con particolare riferimento ai furti, è necessario che vengano migliorati i meccanismi di collaborazione fra le Polizie Municipali di Comuni vicini, così da evitare da una parte sovrammissioni al lavoro degli organi di polizia dello Stato, e dall’altra garantire, anche durante gli orari notturni, la presenza della Polizia Municipale.
E’ poi necessario che le Polizie Municipali adottino modelli organizzativi innovativi riguardo al pattugliamento quotidiano del territorio, specificamente orientati a migliorare il contrasto alle attuali dinamiche del crimine.
Certamente il fatto che la Regione Toscana, che in passato aveva finanziato in modo abbastanza robusto le attività delle Polizie Municipali (l.r. 16 agosto 2001, n. 38) abbia pressoché cessato ogni forma di finanziamento in questo importante settore, non facilita; ma proprio per questo, non potendo più contare su ulteriori risorse finanziarie, si deve gioco forza agire sul fronte organizzativo e logistico.
In definitiva l’abbassamento del dato preoccupante della provincia di Firenze, di 745 furti in abitazione ogni 100.000 abitanti, ed in genere dei furti, si può avere solo con un miglior controllo del territorio, e questo passa certamente per una migliore utilizzazione territoriale delle singole Polizie Municipali presupposto della quale sono una serie di meccanismi di collaborazione che tutt’oggi, per vari motivi, stentano a decollare, nonché per una migliore sinergia con gli organi di Polizia dello Stato, arrivando ad un riparto di competenze più preciso che eviti duplicazioni di compiti e quindi da una parte sovrammissioni e dall’altra vuoti.
La conferma che questa sia la strada maestra, ci arriva implicitamente proprio da un’altra provincia toscana: Prato, che dopo alcuni anni di gravi problematiche di sicurezza, grazie alla stretta collaborazione fra organi di polizia dello Stato e Polizia Municipale (con pattuglie combinate ed operazioni congiunte), vede una stasi dei furti nelle abitazioni ed addirittura una diminuzione dei furti in generale.