di Claudio Molinelli
Con l’arrivo dell’anno nuovo la voglia di fare bilanci, come l’oroscopo, torna puntuale, forse tanto forte quanto il desiderio, o meglio la speranza, che il futuro riservi qualche buona sorpresa!
I dati in nostro possesso sono quelli dell’Istat forniti dalla Camera di Commercio di Firenze, naturalmente non aggiornati, e per il momento consentono solo un’analisi dell’andamento dell’occupazione nella provincia fiorentina per gli anni 2012 e 2013. Per quanto riguarda le imprese, i dati a disposizione ci offrono un quadro del saldo tra nuove imprese e imprese chiuse per l’anno 2014, col dettaglio su ciascuno dei comuni del Levante Fiorentino, e con suddivisione per attività.
Cominciamo dal mercato del lavoro: il dato della provincia di Firenze è migliore sia di quello toscano complessivo e ancor più di quello nazionale, ma la consolazione è relativa, poiché comunque i numeri confermano quello che già si sapeva: il tasso di disoccupazione è in costante aumento. A fronte di un aumento della forza lavoro di 7000 unità ( da 463.000 a 470.000), gli occupati aumentano solo di 1000 unità (da 431.000 a 432.000), mentre i disoccupati crescono di 5000 unità ( da 33.000 a 38.000). Il tasso di occupazione passa dal 67,2% del 2012 al 66,8% del 2013, mentre quello della disoccupazione sale dal 7,1% all’8,1%. Nel resto della Toscana a situazione peggiora in termini assoluti, con qualche timido aumento in dati percentuali: il tasso d’occupazione scende dal 63,9% al 63,8% ( con 4000 posti di lavoro in meno); il tasso di disoccupazione sale dal 7,8% all’8,7% ( con 17.000 disoccupati in più). Ma se la Toscana non ride, il resto d’Italia piange, perché il dato nazionale è veramente preoccupante: gli occupati scendono di 477.000 unità ( da 22.899.000 a 22.420.000) con un tasso occupazionale in calo dal 56,8% al 55,6%.
I senza lavoro aumentano di 369.000 unità ( da 2.744.000 a 3.113.000) e il tasso di disoccupazione passa dal 10,7% al 12,2. Nella loro crudezza questi numeri fotografano lo stato di crisi profonda in cui ha versato l’offerta di lavoro in questi anni, con la speranza che i rilievi del 2014 mostrino almeno qualche segnale di ripresa.
Il saldo tra nuove imprese e cessazioni d’attività nella provincia di Firenze per i primi tre trimestri dell’anno 2014 offre un quadro apparentemente migliore, con un saldo attivo di ben 783 imprese (5534 nuove iscrizioni e 4551 cessazioni). Un notevole contributo è fornito dal buon andamento della città di Firenze che registra un incremento di 508 imprese ( 2321 nuove attività contro 1813 chiusure). Il dato dei comuni del Levante Fiorentino è meno brillante, ma comunque di segno positivo, con un saldo attivo di 38 unità (434 nuove imprese contro 396 chiusure).
In dettaglio: Dicomano, 18 a 10; Pelago, 21 a 18, Pontassieve 71 a 67, Reggello 63 a 40, Rignano sull’Arno 31 a 28, Rufina 28 a 25. Londa chiude in pareggio, 7 a 7, mentre Bagno a Ripoli registra un lieve passivo, 86 a 89, così come San Godenzo, 4 a 6. Quanto a Figline e Incisa Valdarno, che si sono costituiti in Comune unico, abbiamo una doppia rilevazione che offre un dato contraddittorio: ciascun comune preso a sé ha un saldo passivo: Figline 24 a 81, Incisa 9 a 24; mentre il saldo per il nuovo Comune è largamente in attivo, 68 a 1.
Un’attenta analisi dei dati mostra però un quadro assai meno positivo: il saldo attivo è dovuto interamente al numero delle nuove imprese catalogate come “non classificate”, 1964 a 210; mentre i settori tradizionali in realtà presentano quasi tutti un saldo passivo: particolarmente in sofferenza sono i settori delle attività manifatturiere (599-691), le costruzioni ( 574-760), il commercio all’ingrosso e al dettaglio (951-1272), servizi di alloggio e ristorazione ( 177 -249), attività immobiliari (117-194). Sono invece in attivo le attività finanziarie e assicurative, (112-101), il noleggio di prodotti e servizi e le agenzie di viaggio (208-173).
Per quanto riguarda gli esercizi commerciali i Comuni di Reggello e Rufina, in felice controtendenza, risultano gli unici in cui il numero dei negozi aperti supera quello dei negozi chiusi: un piccolo segnale di speranza per il futuro.
Dida foto. Edoardo Abruzzese