di Rosanna Borzillo – C’è bisogno di un approccio multidisciplinare per risolvere il problema dei rifiuti. E tutti possono dare una mano concreta. La prima giornata di lavori evidenzia lo stretto legame tra la produzione di rifiuti e un modello di sviluppo sostenibile sia dal punto di vista sociale sia ambientale. William Rees della British Columbia University, nella prima relazione della mattinata, spiega che il «debito ecologico è l’impronta dei Paesi ricchi che saccheggiano quelli poveri di risorse e biodiversità». Le economie urbane producono quantitativi di rifiuti mai visti finora: 25 tonnellate per ogni cittadino degli Stati Uniti d’America. Nel frattempo, il 30% del terreno agricolo è diventato improduttivo a causa del consumo di suolo, che continua a ritmi fino a 40 volte più veloci di quanto la Terra può sopportare; mentre l’82% degli stock di pesce sono sovrasfruttati, depauperando le risorse ittiche mondiali. Gli ha fatto eco Robert Costanza dell’Australian National University, partendo dal presupposto che «occorre creare una società che smetta di essere dipendente dal paradigma economico della crescita a tutti i costi». Costanza ha, così, proposto un dodecalogo per realizzare una nuova economia sostenibile. L’undicesimo “comandamento” ha riscosso successo tra i partecipanti: «Lavorare meno e divertirci di più». Infine, il dodicesimo: «un’istruzione per la vita e non solo per trovare un lavoro». E, infatti, ha aggiunto Sergio Ulgiati, dell’Università Parthenope di Napoli, «viviamo aspettando la crescita, che – ha ricordato il docente – porta con sé forti impatti umani e ambientali» di cui «raramente ci rendiamo conto». «Come ad esempio un anello con brillante tanto agognato dalle donne, ma per il quale sono necessari scavi nelle miniere con danni alla natura». Già dalle comunità locali può, però, partire un nuovo modo di pensare il benessere, spiega Friederich Hinterberger, ricercatore del Sustainable Europe Research Institute di Vienna, che ha portato come esempio la condivisione di elettrodomestici da collocare negli spazi comuni degli edifici. «Dobbiamo capire da dove arrivano le risorse che consumiamo – ha detto Hinterberger – solo abbracciando una nuova idea di uso comune delle risorse e dei beni potremmo guardare al futuro con rinnovata fiducia».