di Sergio Bedessi –
Come gestire le funzioni fondamentali in modo associato , più economico e più efficiente. Un esempio da monitorare: Incisa e Figline Valdarno
Da anni si parla di maggiore collaborazione fra Comuni, di unione dei servizi, di gestioni associate; il tutto non solo per ottenere risparmi che qualunque impresa, pubblica o privata, vorrebbe, ma per avere più che altro una maggiore efficienza e migliore qualità dei servizi sul territorio grazie alla condivisione delle risorse fondamentali per la vita dei cittadini.
Il Governo precedente aveva impresso un’ accelerazione a questo meccanismo, in passato messo in atto autonomamente dai Comuni sulla scorta della legislazione nazionale. Le norme già esistenti nel Testo Unico degli Enti Locali, e che prevedevano cinque possibili tipologie di “gestione intercomunale” dei servizi, sostanzialmente non avevano mai funzionato bene, fatta salva qualche timida prova a macchia di leopardo sul territorio , peraltro lasciata alla buona volontà di questo o quel sindaco.
Le forme di “matrimonio” possibili fra servizi comunali sono attualmente le seguenti:
- convenzione;
- ufficio comune per la gestione associata attestato su un Comune capofila;
- delega di funzioni ad un Comune capofila:
- consorzi;
- unione di Comuni.
Con le convenzioni più Comuni vicini possono stipulare un accordo che preveda modalità di svolgimento coordinato di funzioni e servizi determinati; per esempio, nel campo della polizia municipale, potrebbero prevedere lo svolgimento del solo servizio notturno congiunto , rimanendo il servizio diurno nell’ambito della singola polizia municipale e nella normale organizzazione.
Con le gestioni associate (ufficio comune per la gestione associata) si prevede la costituzione di strutture che operano utilizzando il personale distaccato dai singoli enti partecipanti alla convenzione, ovvero la delega delle funzioni a favore di uno dei partecipanti che utilizza oltre al proprio personale quello degli altri enti partecipanti.
Con la delega di funzioni ad uno dei Comuni gli enti più piccoli delegano quello più grande a svolgere, per loro conto, alcune funzioni per le quali non hanno risorse, rimborsandone il costo.
Con i consorzi, due o più Comuni decidono di procedere verso una forma molto più stretta di collaborazione, costituendo un vero e proprio consorzio che viene ad essere un nuovo ente dotato di alcuni atti fondamentali, quali lo statuto; al consorzio gli enti partecipanti delegano le funzioni che risulta più economico esercitare insieme.
Infine le unioni, quando due o più enti locali si fondono andando a costituire una sorta di “grande Comune” in modo da esercitare congiuntamente tutte le funzioni di loro competenza; il nuovo ente così “unito” è la risultante dei precedenti e svolge tutte le funzioni. Fino a poco tempo fa questi meccanismi non erano obbligatori, ma lasciati alla volontà dei singoli politici.
In Toscana in passato vi sono stati molti esempi in questo senso, alcuni naufragati e altri rimasti funzionanti per volontà politica transitoria e dunque destinati a cessare al primo giro di elezioni.
Oggi invece questi meccanismi sono divenuti cogenti, obbligatori e recentemente accelerati dall’ultimo Governo con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (“Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”), rapidamente convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, si è modificato in maniera significativa l’articolo 14, comma 31, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività”) che già aveva previsto l’obbligatorietà.
Le norme del decreto 78 perseguendo il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento della spesa con la razionalizzazione territoriale dell’esercizio delle funzioni avevano sostanzialmente introdotto, per i comuni di minori dimensioni (fino a 5000 abitanti o fino a 3000 se facenti parte di una Comunità Montana), l’obbligo di gestire in associazione quelle fondamentali che sono:
– funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge n. 42 del 2009;
– funzioni di polizia locale;
– funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica;
– funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;
– funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, eccettuato il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il quello idrico integrato;
– funzioni del settore sociale.
Mentre i Comuni grandi (capoluogo di provincia o superiori a 100.000 abitanti) erano esclusi dal meccanismo, i comuni medi invece (quelli fra 5.000 e 100.000 abitanti) avevano la facoltà di associare i loro servizi pur non avendone l’obbligo, previa l’individuazione degli ambiti ottimali da parte della Regione.
Una norma questa che prevedeva anche una “scaletta”, con la previsione che le funzioni associate fossero almeno quattro entro il 1 gennaio 2013 per poi passare entro il 1 gennaio 2014 a gestire insieme tutte le funzioni fondamentali.
Purtroppo però il decreto legge in merito che per ora non ha visto la luce.
Alla norma già adottata il Governo precedente aveva deciso di imprimere un’accelerazione, inserendo nel decreto legge n. 98/2011 (in sede di conversione e relativamente ai parametri di virtuosità previsti dal nuovo patto di stabilità) una norma che stabiliva in modo più stretto il calendario delle scadenze per i “matrimonio” fra Comuni piccoli (sotto 5.000 abitanti) e di conseguenza l’esercizio associato delle funzioni fondamentali dei Comuni dovrà essere relativo:
– ad almeno due di quelle elencate, entro il 31 dicembre 2011;
– ad almeno quattro entro il 31dicembre 2012;
– a tutte entro il 31 dicembre 2013.
Ma funzioneranno questi “matrimoni” fra Comuni?
E’ comunque presto per dirlo sicuramente in Toscana, terra di guelfi e ghibellini: è certo che sarà possibile trovarsi davanti a problematiche, non ultima quella dell’eccesso di campanilismo!